Ritorno alla percezione – dunque alla soggettività – e significato della realtà. Entro questi due sconfinati perimetri si modulano le domande cruciali di Senso e non senso. C’è una rivolta sempre in atto nell’uomo che si trova a fare i conti con la ragione, un’apostasia che lotta dall’interno contro ogni tentativo di sistematizzazione razionale, e ripone il suo nuovo credo nel fervore dell’istante, nell’esplodere di una vita individuale, nella «premeditazione dell’ignoto». Merleau-Ponty, in questa raccolta di scritti che il Saggiatore ripropone con la storica introduzione di Enzo Paci, interroga le direzioni di alcuni geniali ribelli che hanno localizzato questa rivolta nella letteratura e nella poesia, nella pittura e nel cinema, nella psicologia e nella militanza politica. Proprio in queste «scienze dell’uomo», per il filosofo, si dà una verifica esemplare e concreta delle minacce creative che attentano alla solidità della ragione: l’infinita germinazione della pittura di Cézanne, il metafisico nel primo romanzo di Simone de Beauvoir, l’esempio scandaloso di Sartre, l’applicazione della Gestaltpsychologie al cinema, fino ai rapporti tra Hegel e l’esistenzialismo, tra la fenomenologia e il marxismo, tra l’uomo e l’eroe. Ma ogni «volontà singola», avverte l’autore, non si esaurisce in se stessa. Un messaggio ininterrotto viene veicolato attraverso romanzi, poesie, film, ideali, e innesca una serie di contatti tra uomo e uomo, riproponendo il grande tema della comunicabilità e dell’espressione e, dunque, della ricerca del senso della realtà. In questa inconciliabile dialettica tra senso e non senso, tra ragione e non ragione, il pericolo incombente è quello dell’oblio, della tragica dimenticanza: perdere il senso significherebbe, inevitabilmente, perdere la possibilità del mondo umano. Ma, rassicura Merleau-Ponty, «anche gli uomini possono vincere, purché valutino il rischio e il compito».
Maurice Merleau-Ponty (1908-1961) ha applicato la fenomenologia e l’esistenzialismo all’analisi antropologica del comportamento. Dopo aver insegnato nei licei parigini, durante l’occupazione nazista milita nella resistenza e alla fine della guerra insegna all’Università di Lione, poi alla Sorbona (1949), quindi all’École Normale Supérieure, sino a quando nel 1952 diventa titolare della cattedra di Filosofia al Collège de France. Tra le sue opere: La struttura del comportamento (1942), La fenomenologia della percezione (1945), le raccolte di saggi Umanesimo e terrore (1947), Senso e non senso (1948) e Le avventure della dialettica (1955).
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