Un uomo esce di casa per fare compere e lungo la strada un mattone gli cade sulla testa. Poi un altro. E un altro. E un altro ancora finché l’uomo dimentica ciò che doveva acquistare, il luogo da cui veniva, il suo nome; la sua identità. Cani e gatti che volano, granchi che brandiscono asce, cornacchie con quattro zampe. Fate esaudienti, bottegaie piacenti, passeggeri di un tram filosofeggianti. C’è un signore basso che dorme nell’armonium. Dagherrotipi che immortalano una realtà senza equilibri, dal cuore selvaggio, i folgoranti testi di Charms – graziati da una levità fanciullesca, eppure foscamente minacciosi – magnificano le imperfezioni di un mondo che non può, né deve, essere ricondotto a un ordinamento logico, o anche solo a una levigatezza classicamente intesa. Ecco allora scoppi di violenza, scene affastellate di oggetti bizzarri, gesti ossessivi che tradiscono l’inesauribile tensione fra l’anelito dell’uomo a trovare un senso all’esistenza e l’impossibilità di ignorare l’assurdità del vivere, ganglio degli scritti qui raccolti, che spaziano dalla metà degli anni venti alla fine degli anni trenta. Fra gli esiti più alti e amaramente umoristici della letteratura russa, gli scritti di Charms – per lungo tempo osteggiati in patria a causa del contenuto antirazionalistico e della raffigurazione tutt’altro che edificante del regime sovietico – rappresentano una delle esperienze letterarie più originali del Novecento. Il Saggiatore ne pubblica oggi una silloge originale, da cui la voce di Charms emerge con nitidezza.
Daniil Charms, pseudonimo di Daniil Ivanovič Juvačëv, nasce a San Pietroburgo il 30 dicembre 1905. Poeta precoce, Charms studia alla Petrischule di Carskoe Selo – dove conosce i racconti gialli con protagonista Sherlock Holmes –, e in seguito all’Istituto elettrotecnico della città natale, ormai divenuta Leningrado, da cui è espulso per la riluttanza a partecipare alle attività sociali della scuola. Influenzato da Aleksandr Tufanov e dai suoi esperimenti con la Zaum, la lingua transmentale, nel 1928 fonda insieme al poeta Aleksandr Vvedenskij il gruppo oberiu («Unione dell’arte reale»), ultima istanza delle avanguardie storiche in Russia, che rifiuta l’estetica ottocentesca e rivendica la necessità, per l’arte, di scardinare il sistema dei generi e assaltare le aspettative di lettori e spettatori. Dello stesso anno è la pièce Elizaveta Bam, che anticipa temi e atmosfere del teatro di Ionesco e Beckett. Incarcerato nel 1931 con l’accusa di produrre letteratura antisovietica ma rilasciato pochi mesi più tardi, negli anni trenta Charms si dedica con sempre maggior dedizione alla prosa, impegnandosi anche in un racconto lungo, La vecchia (1939), che lascerà incompiuto. Arrestato una seconda volta nel 1941 dal Commissariato del popolo per gli affari interni e rinchiuso nell’ospedale psichiatrico detentivo di Leningrado, vi morì di fame nel febbraio del 1942, durante l’assedio nazista alla città. Per lungo tempo proibiti in patria, gli scritti di Charms circolarono clandestinamente fino alla riabilitazione postuma del 1956, anno a partire dal quale poterono essere ripubblicati e ottenere, in Russia come all’estero, il successo che meritano.
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