ISBN 9788842823148 pagine: 240
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Vincenzo Pardini

Grande secolo d'oro e di dolore

Tra tetti di ardesia ricoperti di muschio, nei panorami silvestri della Garfagnana e della Media Valle del Serchio, sorgeva un tempo l’antica casata dei Longobardi, animalesca e irridente stirpe discesa forse da Liutprando e dagli dèi germanici dell’ebbrezza e della guerra, e scomparsa nel 1983, con la morte dell’ultima erede, Leonide Francesca Lusetti. Un piccolo borgo di case, capanne e sorgenti dove si potevano scorgere contadine e giovenche orinare sul ciglio della strada, spiriti di paesani trapassati vagare sulle alture innevate, al tramonto, accennando un saluto ai vivi col capo, e alterchi poetici inscenati nella pubblica piazza dai colpi in rima di un poeta nano. D’estate, nelle locande, uomini con barbe anacoretiche e braccia abrase dalla terra e dal sole sgranavano le ossa dei muli in cerca di midolla tenere o auspici; sempre pronti al coltello, all’agguato, al vino, alle reboanti prove d’amore. Segnate di sangue e sfortuna, le vicende di Leonide e della sua famiglia attraversano come una fantasmagoria tutto il Novecento. Generazione dopo generazione, sentono la terra tremare sotto le bombe e la voce di Hitler saettare, tremenda, nei cieli d’Europa. Dividono il pane nelle osterie con i partigiani e fuggono dai bastoni degli squadristi. Vedono nascere la Repubblica italiana, mentre nelle città appaiono le prime automobili sportive e le televisioni, e il cemento si estende come una marea arrivando a minacciare i loro territori. Eppure, la Storia sembra solo un’eco che giunge di lontano mescolandosi ai muggiti che riempiono la Valle, mentre uno dopo l’altro i Longobardi abbandonano la casa: feriti a morte dagli spettri e dal gelo, fuggiti in Sudamerica o schiacciati da un treno, divorati dall’alcol o consumati dalle epidemie. In Grande secolo d’oro e di dolore Vincenzo Pardini narra l’epopea di una famiglia condotta all’estinzione, e la storia rapsodica di un’Italia aurea e dolente, celebrata, spesso ingiuriata, da chi l’ha vissuta nella penombra di terre remote. Una scrittura che coglie, nei suoi accenti e ritmi primitivi, nei suoi riverberi pascoliani e sonnambulismi onirici, la voce autentica degli ultimi discendenti di una stirpe mitica. Perché, come amava ripetere Leonide, soltanto chi sa raccontare storie non muore mai.

Vincenzo Pardini

Vincenzo Pardini è nato a Fabbriche di Vallico (Lucca) nel 1950. Collabora al Quotidiano Nazionale e alle riviste Nuovi Argomenti e Paragone. Tra le sue opere ricordiamo Jodo Cartamigli (Mondadori, 1989), Giovale (Bompiani, 1993), Rasoio di guerra (Giunti, 1995), Tra uomini e lupi (peQuod, 2005, premio Viareggio-Rèpaci) e Il postale (Fandango, 2012).

scopri di più sull'autore

Rassegna stampa

«Grande secolo d'oro e di dolore». Il Novecento raccontato da Pardini
Quotidiano Nazionale
21 aprile 2017
Grande secolo d'oro e di dolore
il Foglio
20 aprile 2017
Il paese che voleva fermare il progresso del secolo d'oro
la Repubblica
26 febbraio 2017
Ottantasette personaggi, animali esclusi
Corriere della Sera - la Lettura
19 febbraio 2017
La lingua perduta di Pardini
Avvenire
17 febbraio 2017
Pardini, il ritorno con una favola sospesa tra epica e realismo
il Messaggero
12 febbraio 2017
Terra e sangue, epopea della vita
Gazzetta di Parma
09 febbraio 2017
Così Pardini dà la parola ai silenzi animaleschi dei suoi uomini selvaggi
il Giornale
28 gennaio 2017
Leonide, l'ultima dei Longobardi
il Resto del Carlino
28 gennaio 2017
Scrivere per dare udienza ai fantasmi
Nazione Indiana
26 gennaio 2017

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